Mi sono resa conto che non viaggiavo da degno tempo. Viaggiavo in modo serio, in realtà una scappatella era capitata proprio di recente. L'avevo dedotto già a Verona. Scendendo alcuni gradini per arrivare in stazione, l'odore di urina mi aveva fatto bofonchiare contro chi aveva passato il sabato sera in compagnia di Bacco e del IV ventricolo. Arrivata dentro, però, il target della mia scontentezza si è spostato: unico bagno in tutta la stazione appena rifatta è a pagamento e apre alle 6. E' notorio che di notte gli sfinteri sono sigillati, già.
Cut
Milano Centrale. Capperi, me la ricordavo nera e zozza. E mi ricordavo una bella sala d'attesa con panche di legno, in cui una decina di anni fa c'era forse un proto-internet. Anzi, dodici anni fa. Invece marmo chiaro dappertutto. Negozi da città. Una commessa che mi fa un effetto strano, i collant istoriati, neri, aggettano da un paio di shorts. Pare un incrocio tra una bimba e un nanetto da giardino. Mi chiedo se è stanca. Cerco la sala d'attesa, sperando di mettere in carica il trashed-pcino. Dopo un po' mi rendo conto che la sala d'attesa è diffusa: sedie a panca ovunque, e la gente è seduta lì..attraverso l'atrio, i due sedili in marmo nero sono vuoti, eppure proprio lì si è formata un'isoletta di calore in mezzo alla corrente, gelida già a ottobre. Un salottino con poltrone a metà tra Mirò e Leger, rosse, da nebbia milanese-safe, fa angolo. Riservato ai possessori di carta oro e carta non so che. Mah. Questa stazione mi sa tanto di plastica e poco di umano. Mi dico che è la giusta catarsi per quel pizzico di non integralismo che ho: il computer consuma energia elettrica eccome. Alzo lo sguardo e mi dico che con tutte quelle luci la stazione pare un luogo da cartone animato..e magari una femmina qui e là per rimettere in carica cellulare e portatile si poteva concedere. Sì, i treni saranno più veloci (dove c'è il binario per sopportarli..ahem..) ma il servizio per me è di molto peggiorato. Mi resta solo il rumore delle porte automatiche, ma la sensazione di dover perennemente correre, di non potersi posare e riposare, se non pagando caro. Che tristezza. Mi chiedo se lì vicino ci sia un parchetto pubblico in cui i bimbi possano giocare e gli adulti consumare del cibo. E sgranocchio una melina, che quest'anno non ho curato ahimé, ma almeno questo esemplare è stranamente indenne dalla carpocapsa. Il sapore fresco e il profumo mi confortano in tutti questi vetri, luccicanti ma assolutamente muti.
Poi mi alzo, il metrò mi appare esageratamente sfavillante col marmo..e mi rendo conto che sono ancora in stazione, semplicemente al piano inferiore. Finalmente imbocco il sottoterra, mi fa un'impressione strana, più pulito del solito..Mi rendo conto che banalmente sono le 9.30 e anche i milanès, la domenica, dormono. Forse.
Grandi stazioni. Mah, logo che mi sa di caste, di ricchi molto ricchi e di poveri molto poveri. Luogo che mi sa di solitudine e disperazione. Luogo di nessuno se non del denaro che serve a tenerle in piedi, a pagare le imprese di pulizia.
Riesco a malapena a sognare un permablitz, con buona pace del T.U. 81 visto che le cose brutte paiono invariabilmente sicure..
E tra una settimana si ricomincia, per un po' di volte.
Vabbé, non facciamola lunga, al prossimo post svelo l'arcano.
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